lunedì 20 febbraio 2012

Ingresso della Crypta Neapolitana
Foto © Antonella Verdolino
La Crypta Neapolitana

Ai piedi della collina di Posillipo si apre una colossale galleria conosciuta come Crypta Neapolitana.
La leggenda ritiene stata scavata dal celebre poeta Mago Virgilio in una sola notte con l'aiuto della magia. Virgilio, grande poeta dell'Impero Romano di Augusto, é entrato nella storia e nel cuore della città partenopea più come mago che come poeta. Nel 30 BCE Virgilio si trasferì a Napoli, e fu proprio in questa città, sulla tranquilla e verde collina di Posillipo, che decise di stabilirsi per il resto della sua vita. Ed è qui che il poeta scrisse le Georgiche e le Bucoliche e infine l'Eneide. Il folclore popolare ritiene che fu Virgilio a costrurire un cavallo di metallo che aveva il potere di guarire con lo sguardo le ferite dei cavalieri, la costruzione delle fogne, la costruzione delle cinta murarie della città, una mosca d'oro o di bronzo secondo alcuni, allo scopo di purificare l'aria dagli insetti, una sanguisuga d'oro per purificare le acque infestate proprio da questi parassiti e molto altro. Tornando alla Crypta Neapolitana, questa enorme galleria che collega Napoli a Fuorigrotta, facilitava in tempi antichi il viaggio fino Pozzuoli; un'opera ciclopica scavata interamente nella collina in tufo, alta da un minimo di due metri e ottanta circa nelle zone più basse, ad un massimo di circa 8-9 metri o anche oltre nella parte più alta e all'entrata; la lunghezza era di circa 700 metri e la larghezza di 3,20 metri. I racconti dell'epoca descrivono la grotta come "incombente", c'era chi come Seneca la chiamava la "lunga prigione", un luogo talmente oscuro che non bastavano i sessantaquattro lampioni presenti ad illuminarla. Un luogo asfissiante, tetro e inquietante da intimorire chiunque la percorresse, così polverosa e lunga da non riuscire a vedere l'uscita, e spesso per questo, luogo di diversi incidenti. Si affermava che agli equinozi, il Sole tramontava esattamente di fronte alla grotta e la luce che la attraversava riusciva ad illuminarla fino all'uscita del lato opposto. Il ritrovamento nella Crypta di un tempietto Mitraico dimostra che in seguito la grotta fu scelta e usata per svolgere anche i culti solari dedicati al Mitraismo. E' più che probabile che non fu Virgilio a compiere questo prodigio. Probabilmente la colossale opera è da attribuire al remoto popolo dei Cimmeri, un popolo legato anche alla storia della realizzazione dell'Antro della Sibilla cumana, tra l'altro un luogo tanto suggestivo da ispirargli il personaggio della sacerdotessa divinatrice raccontata nell'Eneide. Questo popolo dei Cimmeri descritto da autori classici, primo tra tutti Omero, è legato da sempre al mistero del mondo sotterraneo ed è considerato tra i più antichi abitanti della zona di Cuma e dei Campi Flegrei. Era una stirpe che realizzava opere megalitiche e che usava scavare o intagliare immense grotte, solitamente con la particolare forma a trapezio. Cuma deriva dal nome greco dei Kymamineira e poi Kymmeri o Kummeri. Quando molto più tardi arrivarono i Romani, ribattezzarono la allora greca "Dicearchia", con il nome di "Puteoli", la città principale dell'area flegrea e porto dell'antica Roma.
l termine Puteoli significa "Pozzi" o "Cavità", proprio perché essi scoprirono gallerie, che si estendevano nel sottosuolo della città e delle aree limitrofe. Quindi i greci, primi colonizzatori stranieri di questa terra, quando arrivarono, trovarono già sul luogo queste grotte.
Comunque questo è solo una minima parte di ciò che è visibile nella zona della collina di Posillipo e dintorni e Virgilio di tutto questo ne era consapevole fin dall'inizio.

di Antonella Verdolino
Foto © Antonella Verdolino

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