venerdì 24 febbraio 2012


Le grotte di Longmen in Cina scavate a migliaia
nella montagna

Cina, le grotte dei Buddha 

Le grotte della Cina sono popolate da migliaia di statue di Budda che si estendono per chilometri nel sottosuolo dell'Asia.
Le grotte di Loyang, nella provincia di Henan, in Cina sono un complesso di caverne artificiali scavate nella roccia lungo le pareti del fiume Luo. Sito protetto dall'Unesco, Loyang vanta 15mila statue di Budda presenti all'interno delle migliaia di grotte che costellano la zona, molte delle quali sono di dimensioni tali da rendere impossibile una lavorazione con strumenti semplici.

Nella ricerca e nello studio delle antiche grotte megalitiche nel mondo, sorprendono per bellezza e per dimensioni soprattutto quelle che si estendono nel continente asiatico; molti furono le città e i luoghi stanziati sulla Via della Seta e in alcuni di questi si trovano straordinarie grotte e lunghe gallerie scavate nella roccia. Diversi sono anche i popoli che hanno interagito in quest'area tra l'antica Cina e gli altri paesi limitrofi come la Mongolia, la Siberia, il Kazakistan o il Turkmenistan; tra cui citiamo i Pazirik e i Kushan delle steppe Russe.

Tra le antiche località della Cina che mostrano le meraviglie artistiche e megalitiche ci sono Luoyang, Longmen, Dunhuang o Yungang dove ancora oggi si possono ammirare le centinaia di grotte scavate direttamente nella roccia delle montagne con tanto di enormi sculture rappresentanti il Budda. Le Grotte di Longmen sono scavate a centinaia su entrambi i lati del fiume Yi in verticale sulle pareti rocciose, la vista nell'insieme è spettacolare; un'enorme costone punteggiato di caverne simili a un vespaio, mentre al centro di queste si erge maestosa e colossale una statua del Budda interamente intagliata in un unico blocco di roccia. Ciò che lascia impressionati è l'immensa mole di lavoro che immaginiamo abbiano compiuto coloro che scolpirono tali opere, sicuramente sono ancora una volta frutto di grandi conoscenze ma soprattutto di grande evoluzione mentale.

Le grotte di Longmen, come quelle di Dunhuang e Yungang, tutte in Cina, mostrano le medesime caratteristiche e la medesima lavorazione megalitica colossale. In quest'area vissero popolazioni bianche di stirpe Cro-Magnon, come Tocari e i loro discendenti Kushan. E' probabile che furono questi a scolpire, queste enormi opere nella roccia viva. Si può notare la similitudine tra queste aperture e quelle utilizzate per scopi abitativi da altre popolazioni Cro-Magnon come Liguri e Sicani. Altri luoghi che presentano lo stesso aspetto sono le falesie dei Tellem in Mali e le città degli Anasazi, in Arizona. Tutte queste culture hanno origine da una civiltà globale comune.
Sono innumerevoli gli antichi monasteri e lamaserie ancora popolati dai monaci disseminati ovunque in tutta l'Asia orientale persi in mezzo al nulla in cui sono state trovate da alcuni esploratori e avventurieri di fine Ottocento e inizio Novecento.
Statue del Buddha scolpite nelle grotte di Yungang

Altre grotte meravigliose si trovano nella provincia di Shanxi non lontano da Pechino, sono le caverne di Yungang considerate tra uno dei più belli esempi di architettura nella roccia. Si tratta di un complesso di 252 caverne tutte intagliate su una parete di roccia per circa un chilometro e con più di 51mila statue del Budda di ogni dimensioni. Anche qui la datazione dell'enorme complesso è stata datata fra il 460 ed il 525, durante la dinastia Wei. Alcune di queste sono più recenti di altre evidentemente più antiche, anche perché le prime sono meglio conservate, ma come abbiamo già accennato, sicuramente i monaci buddisti hanno più tardi realizzato alcune di queste gallerie e magari ritoccato altre più antiche.

Nella regione dello Uighur (l'odierno Xinkjang) invece, a Dunhuang nella Cina occidentale dove passa la Via della Seta, si trovano le celebri Grotte dei Mille Budda che similmente a tutte le altre sono scavate su rupi rocciose, alle cui gallerie si accede tramite corridoi che conducono in varie sale più ampie. Queste sono unite ad altre grotte passando su una sorta di balaustra in modo da passare da un tempio all'altro; all'interno si trovano alcune nicchie, mentre sulle pareti sono dipinte meravigliose scene i cui personaggi rappresentati in vesti di monaci buddisti ma con pelle bianca, capelli rossi e occhi azzurri, che ricordano molto quelle popolazioni come i Tocari le cui mummie furono rinvenute a migliaia sotto le sabbie del deserto del Taklamakan tra le rovine dell'antica città di Loulan.

Le grotte di Yungang mostrano statue di Budda alte decine di metri e molte decorazioni rupestri; si possono notare le orecchie enormi e l'acconciatura a crocchia, tipiche delle raffigurazioni dei Tocari e dei Kushan. Ma forse in realtà si tratta della deformazione visiva dei crani dolicocefali tipici delle popolazioni di etnia Cro-Magnon.

di Antonella Verdolino

martedì 21 febbraio 2012

La scalinata verso il cielo incisa nella roccia
Perperikon: il Tempio inciso nella roccia

In Bulgaria un'incredibile montagna scavata dall'Uomo venne usata fin dalla Preistoria come santuario megalitico uno dei luoghi in Europa più ricchi di ritrovamenti archeologici megalitici risalenti alla preistoria. Perperikon è conosciuto anche come Hyperperakion, situato a est della catena montuosa del Rhodopi a circa 15 chilometri dalla cittadina di Kurdzhali, vicina al fiume Perperishka. Si tratta di un ritrovamento archeologico, di notevoli dimensioni, il più vasto finora trovato nei balcani, posto su una collina rocciosa a 470 metri di altezza. Il sito megalitico di Perperikon è interamente scavato nella roccia della montagnola, dove è possibile vedere centinaia di coppelle, vasche, grotte, sedili intagliati nelle pareti, poggi, un impressionante altare tondo di quasi due metri di diametro e perfino scalinate. I massi sono ricoperti di pitture e graffiti di corpi umani, e figure geometriche simboliche. E' più che probabile che si tratti di un luogo sacro, di un antico santuario megalitico. Le prime tracce umane documentate dall'Archeologia ufficiale in quest'area risalgono a settemila anni fa in piena epoca preistorica, ma certamente i megaliti sono risalenti al Pleistocene. 
Intagli a forma di trapezio
sulla parete verticale
In alcune nicchie, sono impressionanti i tagli netti, come se fossero stati "segati" a colpi di moderne ed a motore, lo stesso vale per le pareti perfettamente levigate.
 E' evidente che la gente che creò tale opera era legata fortemente alla Terra e quindi connessi al culto ancestrale della Dea Madre Terra. Le evidenze archeologiche di tale culto sono il simbolo del Trapezio. Ciò che più impressiona osservando il sito di Perperikon, oltre al santuario megalitico, sono le miriadi di nicchie tutte della stessa misura, di forma trapezoidale intagliate sulle pareti a picco della montagna a circa 400 metri di altezza! La profondità ridotta delle nicchie ne impedirebbe un uso funebre: resta quindi incerta la loro funzione, anche in virtù del loro allineamento.
 La veduta dal basso del fianco della montagna di Perperikon mostra, come in altri casi, pareti erose con una moltitudine di grotte e anfratti naturali e artificiali.. Resta l'interrogativo di come gli antichi riuscissero tagliare la roccia su uno strapiombo e soprattutto sulla loro funzione reale. 
Proprio come ad esempio i pozzi sacri in Sardegna e a Cuma nell'Antro della Sibilla, i riti di fertilità e di purificazione vi si svolgevano regolarmente, nonché l'osservazione delle stelle similmente come avveniva in altri luoghi conosciuti in Europa come Stonehenge, Carnac in Bretagna, il Musiné, la Sardegna ed altri in Italia.; in questi siti i popoli antichi riuscivano a percepire le correnti magnetiche terrestri e a edificare megaliti anche a scopi curativi. La forma del Trapezio inoltre rappresentava l'anatomia sessuale femminile da cui nasce la vita, e quindi ecco perché come si vede se si guarda dall'alto la geometria dei pozzi di Sardegna, il disegno in generale riproduce l'organo riproduttivo femminile nella sua interezza. La Madre Terra così veniva vista come la nostra madre, colei che ci nutre e da cui siamo nati. Le vasche presenti sul sito di Perperikon contengono acqua piovana, ed è molto probabile che si trattasse di vasche legate ai riti di fertilità o di purificazione, usate successivamente in epoca romana come tombe. 
Una delle vasche presenti sul sito di Perperikon,
che contiene dell'acqua piovana.

 Paul Gendrop, professore di ricerche di architettura dell'Università Nazionale di Città del Messico e docente di arte e archeologia dell'Università di Parigi, nonché autore di diversi libri sulle culture antiche mesoamericane, asserisce che alcuni autori identificano anche nella cultura Olmeca e in altre antiche popolazioni mesoamericane…"si riconoscono in alcune figure gli attributi della Dea Madre divinità della terra associate al culto delle grotte" - culto come visto professato ovunque esistano grotte scavate con megaliti - e luoghi sacri che simbolizzano bocche aperte attraverso le quali si accede nel mondo sotterraneo"… Le scale intagliate nella roccia che salgono a Perperikon sono molto erose e denotano una notevole antichità, mentre le coppelle orizzontali che delimitano il bordo della scala, venivano forse utilizzate come illuminazione del percorso. Ovviamente quelle che si vedono sono costruzioni preistoriche; anche se i Traci che successivamente vissero sul luogo derivano anch'essi da stirpi cosiddette Indoeuropee come il popolo che li precedette a Perperikon.

Coppelle circolari che delimitano il bordo della scala.
Si pensa che l'oracolo che si trova in cima alla montagna sacra sia dedicato alla divinità tracia Zagrey, l'equivalente al Dioniso dei Greci connesso al cielo. Comunque il sito fu utilizzato come tempio sacro per millenni, fin dentro l'epoca classica. A Perperikon si notano infatti al di sopra dei massi ciclopici, altre costruzioni in mattoni di dimensione notevolmente inferiori e dunque più recenti, proprio come accadde a Machu Picchu in Perù, dove le capanne costruite con piccoli sassi dagli indios sono poste sopra gli enormi massi edificati dalla cultura che li precedette millenni prima. E' evidente la ragguardevole similitudine di lavorazione tra culture apparentemente diverse e lontane tra loro, ma che entrambe fanno pensare a opere e caratteristiche non convenzionali e appartenenti alla medesima cultura. Successivamente molti altri popoli invasero la zona tra cui i soliti Romani, costruendo una fortezza intorno alla collina, all'interno della quale trovano posto templi e quartieri residenziali. 

 Esattamente ai piedi della collina rocciosa invece, c'è il villaggio di Gorna Krepost, in bulgaro "castello in cima"; non è un caso il nome del luogo, così come il significato. Di solito da ciò che si è potuto verificare in luoghi simili a questo, è la presenza sul monte stesso o di uno adiacente, di una fortificazione alto-medievale sulla sommità. Ciò che più incuriosisce di Gorna Krepost è sicuramente la presenza di una torre ottagonale che è parte della fortezza medievale, costruita con grandi blocchi di pietra rettangolari. La questione è interessante perché abitualmente costruzioni medievali simili, di pianta ottagonale ricordano la simbologia della cultura dei Cavalieri Templari.

di Antonella Verdolino

lunedì 20 febbraio 2012

Ingresso della Crypta Neapolitana
Foto © Antonella Verdolino
La Crypta Neapolitana

Ai piedi della collina di Posillipo si apre una colossale galleria conosciuta come Crypta Neapolitana.
La leggenda ritiene stata scavata dal celebre poeta Mago Virgilio in una sola notte con l'aiuto della magia. Virgilio, grande poeta dell'Impero Romano di Augusto, é entrato nella storia e nel cuore della città partenopea più come mago che come poeta. Nel 30 BCE Virgilio si trasferì a Napoli, e fu proprio in questa città, sulla tranquilla e verde collina di Posillipo, che decise di stabilirsi per il resto della sua vita. Ed è qui che il poeta scrisse le Georgiche e le Bucoliche e infine l'Eneide. Il folclore popolare ritiene che fu Virgilio a costrurire un cavallo di metallo che aveva il potere di guarire con lo sguardo le ferite dei cavalieri, la costruzione delle fogne, la costruzione delle cinta murarie della città, una mosca d'oro o di bronzo secondo alcuni, allo scopo di purificare l'aria dagli insetti, una sanguisuga d'oro per purificare le acque infestate proprio da questi parassiti e molto altro. Tornando alla Crypta Neapolitana, questa enorme galleria che collega Napoli a Fuorigrotta, facilitava in tempi antichi il viaggio fino Pozzuoli; un'opera ciclopica scavata interamente nella collina in tufo, alta da un minimo di due metri e ottanta circa nelle zone più basse, ad un massimo di circa 8-9 metri o anche oltre nella parte più alta e all'entrata; la lunghezza era di circa 700 metri e la larghezza di 3,20 metri. I racconti dell'epoca descrivono la grotta come "incombente", c'era chi come Seneca la chiamava la "lunga prigione", un luogo talmente oscuro che non bastavano i sessantaquattro lampioni presenti ad illuminarla. Un luogo asfissiante, tetro e inquietante da intimorire chiunque la percorresse, così polverosa e lunga da non riuscire a vedere l'uscita, e spesso per questo, luogo di diversi incidenti. Si affermava che agli equinozi, il Sole tramontava esattamente di fronte alla grotta e la luce che la attraversava riusciva ad illuminarla fino all'uscita del lato opposto. Il ritrovamento nella Crypta di un tempietto Mitraico dimostra che in seguito la grotta fu scelta e usata per svolgere anche i culti solari dedicati al Mitraismo. E' più che probabile che non fu Virgilio a compiere questo prodigio. Probabilmente la colossale opera è da attribuire al remoto popolo dei Cimmeri, un popolo legato anche alla storia della realizzazione dell'Antro della Sibilla cumana, tra l'altro un luogo tanto suggestivo da ispirargli il personaggio della sacerdotessa divinatrice raccontata nell'Eneide. Questo popolo dei Cimmeri descritto da autori classici, primo tra tutti Omero, è legato da sempre al mistero del mondo sotterraneo ed è considerato tra i più antichi abitanti della zona di Cuma e dei Campi Flegrei. Era una stirpe che realizzava opere megalitiche e che usava scavare o intagliare immense grotte, solitamente con la particolare forma a trapezio. Cuma deriva dal nome greco dei Kymamineira e poi Kymmeri o Kummeri. Quando molto più tardi arrivarono i Romani, ribattezzarono la allora greca "Dicearchia", con il nome di "Puteoli", la città principale dell'area flegrea e porto dell'antica Roma.
l termine Puteoli significa "Pozzi" o "Cavità", proprio perché essi scoprirono gallerie, che si estendevano nel sottosuolo della città e delle aree limitrofe. Quindi i greci, primi colonizzatori stranieri di questa terra, quando arrivarono, trovarono già sul luogo queste grotte.
Comunque questo è solo una minima parte di ciò che è visibile nella zona della collina di Posillipo e dintorni e Virgilio di tutto questo ne era consapevole fin dall'inizio.

di Antonella Verdolino
Foto © Antonella Verdolino